Nel 1987 la Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo definisce sostenibile
“quello sviluppo che consente alle generazioni presenti di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i loro»
già da questa definizione risulta chiara, in termini di sostenibilità, la rilevanza del Capitale Umano e dei suoi bisogni, accanto alle ormai note componenti ambientale ed economica.
Nel periodo storico di transizione in cui ci troviamo, le aziende vengono chiamate in causa come fautrici di cambiamento; pungolate, da una parte, da regolamentazioni, soprattutto Europee, focalizzate sui temi ambientali e spinte, dall’altra parte, dalle richieste di welfare sempre più pressanti delle nuove generazioni.
I dati che emergono nel Piano strategico per lo sviluppo economico del cantone Ticino redatto da AITI - Associazione Industrie Ticinesi, sono pressoché allarmanti:
La previsione 2022 - 2026 mostra come, a un calo demografico del 5.1% si affianca un drastico aumento del numero di lavoratori non attivi e un incremento della domanda di nuove unità lavorative. I fabbisogni occupazionali oscilleranno tra le 33’000 e le 46’000 unità con un bacino da cui attingere di solo 28’000 nuovi potenziali lavoratori. [2]
In questo scenario, la sostenibilità diventa necessariamente per le aziende un fattore di competitività.
Per attrarre forza lavoro giovane e competente le aziende non solo dovranno essere conformi alle direttive europee nel campo della salvaguardia ambientale, ma dovranno anche offrire benefit che vanno oltre i salari adeguati, piani di previdenza sociale secondo le norme di legge e condizioni lavorative di sicurezza.
Le azioni da intraprendere
Sebbene la centralità del problema sia chiara, l’eterogeneità che caratterizza la tematica del Capitale Umano non permette di poter stilare un action plan standardizzato e/o applicabile universalmente.
Tuttavia si possono suggerire 10 aree su cui focalizzarsi per attuare una transizione che sia giusta.
1. Previdenza e protezione
2. Salute e assistenza
3. Conciliazione vita – lavoro
4. Sostegno economico ai lavoratori
5. Sviluppo del Capitale Umano
6. Sostegno alle famiglie per educazione e cultura
7. Diritti, diversità e inclusione
8. Condizioni lavorative e sicurezza
9. Responsabilità sociale verso i consumatori e i fornitori
10. Welfare di comunità
Nonostante questi siano considerati tutti fattori cruciali per posizionarsi in maniera competitiva sul mercato del lavoro, un eventuale ranking di importanza dipende da diversi fattori che possono spaziare dalla territorialità dell’azienda, alle demografiche del personale alla settorialità in cui l’azienda si trova ad operare; ecco perché, per essere efficace, un piano di welfare deve innanzitutto rispondere ad esigenze che siano reali.
In generale si possono identificare i seguenti fattori da tenere in considerazione per creare un piano di welfare di successo:
1. Integrazione al primo welfare
Oggi non è più sufficiente garantire di rispettare i bisogni primari dei lavoratori, i piani di welfare capaci di rendere l’azienda attrattiva integrano benefit che vanno sempre più oltre gli obblighi di legge.
2. Visione della direzione
Il piano di welfare non è di sola competenza del dipartimento Risorse Umane, per diventare davvero efficace deve essere completamente abbracciato dalla direzione poiché necessita di formalizzazione, budget di attuazione e flessibilità.
3. Disponibilità economiche aziendali
Un piano di welfare, soprattutto quando variegato e strutturato è un costo non indifferente per l’azienda. È tuttavia ormai noto che il benessere del lavoratore è direttamente proporzionale alla sua produttività/efficienza. Sebbene, quindi, disponibilità economiche siano richiesta da parte dell’azienda, si prevede che siano recuperate nel tempo.
4. Scelta dei servizi-benefit correlati ai bisogni effettivi
Un piano di welfare non può ridursi a una serie di iniziative imposte dall’alto ma deve essere frutto di una collaborazione tra Direzione, Risorse Umane e personale operativo affinchè possa rispondere a delle esigenze reali e non si riveli un semplice esercizio di social washing.
5. Variabili socio-demografiche
Per rispondere a bisogni reali si deve anche tenere in considerazione la diversità delle fasce socio-demografiche; un piano di welfare ben strutturato tiene conto delle diversità presenti all’interno della popolazione aziendale e dei relativi bisogni.
6. Territorio: morfologia, cultura, leggi presenza dei servizi
I bisogni del Capitale Umano devono anche correlarsi a necessità territoriali, culturali e legislazioni locali che non sempre sono conciliabili, questo richiede spesso rispetto reciproco, negoziazione e compromesso.
7. Funzioni professionali
Un buon piano di welfare può supportare gli individui nel perseguire i propri obiettivi professionali fornendo loro le risorse e le opportunità necessarie per avere successo come nel caso dei programmi di istruzione e formazione, coaching, supporto psicologico e via dicendo.
8. Politica salariale
Sebbene tra le maggiori preoccupazioni delle nuove generazioni non ci sia il salario permane una certa discrepanza salariale tra uomini e donne; le donne attualmente guadagnano il 14,1% in meno rispetto agli uomini, tendono a lavorare in settori meno retribuiti, lavorano a tempo parziale e occupano posizioni senza responsabilità di supervisione. Un piano di welfare di successo può essere un valido strumento per creare pari opportunità per uomini e donne.
9. Fattori discriminanti
Il welfare è quello strumento che può permettere di ridurre le diseguaglianze. In termini di parità di genere l’accesso alla flessibilità dell'orario di lavoro o ai servizi extrascolastici di qualità e a prezzi accessibili, è fondamentale al fine di garantire una maggiore parità di opportunità. Allo stesso modo politiche che tengano conto delle differenze generazionali e culturali dell’intera popolazione aziendale.
10. Semplicità
Una volta identificate tutte le componenti da integrare nel piano di welfare è bene farlo in maniera semplice affinchè il suo valore possa essere capito dall’intera popolazione aziendale.
11. Flessibilità e miglioramento continuo
Il piano di Welfare non è generalmente un punto di arrivo ma un continuo scambio di feedback reciproci, flessibile ai cambiamenti richiesti sia dall’azienda che dalla società.
12. Comunicazione
La comunicazione è centrale quando si parla di welfare sia operativamente che in termini di gestione. Una comunicazione che deve essere costante e reciproca, mai unidirezionale.
In conclusione, non si può negare che la CSR sta diventando una tematica sempre più articolata e ricca di sfaccettature. Tra i molteplici dibattiti che si potrebbero intraprendere quando di parla di Capitale Umano oggi, il caposaldo che ricorre è che, innegabilmente, stiamo vivendo un cambiamento che non si può assolutamente ignorare se si vuole continuare a fare business.
In una visione a lungo termine, le aziende che hanno preso atto delle nuove esigenze in campo di Risorse Umane, dovrebbero delineare una strategia che prefigura i nuovi problemi da affrontare che ne risulteranno.
Utilizzare un piano di welfare al fine di essere competitivi non può limitarsi a un’offerta in linea con le richieste delle nuove generazioni di lavoratori, ma deve prevedere quali saranno i bisogni che ne nasceranno come naturale conseguenza; che si tratti di un’offerta di spazi di lavoro ripensati per le nuove dinamiche lavorative o l’adozione di metodi di mitigazione delle ripercussioni psicologiche correlate alla nostra epoca, spaziando per iniziative che tengano conto delle strutture familiari del tutto diverse dalla tradizione.
Non bisogna farsi spaventare dalla complessità del tema, proprio per guidare le aziende nella costruzione di un piano di welfare adeguato alle loro esigenze e a quelle dei propri collaboratori abbiamo sviluppato un pacchetto di consulenza dedicato al welfare e alle risorse umane.
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